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I requisiti della contestazione disciplinare

Caratteristiche che deve possedere la contestazione disciplinare: specificità, immediatezza, immodificabilità.

L’art. 7 della legge 300 del 1970 regolamenta l’esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro, rappresentando la fonte primaria di garanzia per il lavoratore nell’esercizio del proprio diritto alla difesa.

Il legislatore, se da una parte attribuisce il potere disciplinare al datore di lavoro, come indicato all’art. 2106 c.c., da esercitare nei casi di inosservanza del lavoratore delle norme poste alla base del rapporto di lavoro, dall’altra limita tale potere tramite la previsione di un procedimento attraverso il quale il lavoratore vede tutelato il suo diritto alla difesa costituzionalmente garantito (c.2 Art. 24 Cost.) .

La legge prevede che per l’esercizio del potere disciplinare il datore di lavoro debba seguire un iter procedurale che consta di diversi fasi: affissione del codice disciplinare, contestazione dei fatti, termine di difesa, giustificazioni del lavoratore, irrogazione della sanzione o accoglimento delle giustificazioni, applicazione della sanzione.

Il c. 2 dell’art.7 prevede che il datore, che intende adottare un provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore, debba contestare l’addebito. Questo per consentire al lavoratore di conoscere i fatti addebitati a suo carico e poter esercitare in maniera piena il proprio diritto di difendersi, tramite la presentazione di giustificazioni scritte o attraverso l’audizione,  garantendogli un giusto contraddittorio.

Le caratteristiche che una contestazione deve possedere sono:

SPECIFICITA’

La contestazione deve fornire gli elementi necessari per individuare il fatto materiale ove si ravvisano le infrazioni disciplinari addebitate al lavoratore. Deve indicare con precisione i fatti contestati. Nel caso di comportamenti omissivi da parte del lavoratore la contestazione deve riportare la regolare condotta che il dipendente avrebbe dovuto porre in essere e che invece ha disatteso. La contestazione deve indicare i fatti circoscritti e non generici (tempo, luogo, fatto), questo per consentire al lavoratore il diritto di difendersi.

Una contestazione può considerarsi non conforme nel caso in cui sia formulata in maniera “generica”, senza specificare i fatti specifici (per esempio quando si utilizza la formula “comportamenti negligenti”) o non vengano riportate le frasi pronunciate (quando si utilizza per esempio la formula “frasi offensive” senza entrare nel merito) o non vengano descritti i comportamenti tenuti.

IMMEDIATEZZA:

L’immediatezza va valutata   riferendosi  al lasso di tempo che intercorre tra l’effettiva  conoscenza del fatto contestato da parte del datore di lavoro (o nel momento in cui era in grado di venire a conoscenza) e il momento successivo in cui viene contestata la condotta al lavoratore.

Una contestazione eccessivamente tardiva comporterebbe una difficoltà per il lavoratore di poter ricordare i fatti contestati, rendendo difficoltoso l’esercizio del diritto alla difesa (ricordare i fatti, reperire i testimoni, le prove materiali).

L’immediatezza, come accennato non è un principio rigido, ma un criterio che va contemperato con alcune variabili legate per esempio ai comportamenti complessi da contestare,  tempi per gli accertamenti della condotta, la complessità dell’organizzazione aziendale. Questi aspetti possono giustificare il tempo trascorso tra l’avvenuta conoscenza del fatto oggetto di contestazione e la formulazione della stessa nei confronti del dipendente. (Cassazione n. 14383 del 14/07/2016). Ovviamente questa “ragionevole elasticità” nel contestare l’infrazione al lavoratore deve tener conto del tempo necessario al datore di lavoro di accertare la condotta del lavoratore e nel contempo l’esercizio del potere datoriale non deve essere troppo dilatato nel tempo  facendo presumere al lavoratore la convinzione della rinuncia del datore  esercitare il potere disciplinare.

IMMODIFICABILITA’

Questo principio risponde al criterio secondo il quale tra i fatti contestati e quelli posto a fondamento del provvedimento disciplinare deve esserci corrispondenza. La coincidenza deve riguardare i c.d. “fatti materiali”, non la loro qualificazione giuridica.  Se,in sede di giustificazione da parte del lavoratore, sono sorte ulteriori fattispecie a conoscenza del datore di lavoro,  i nuovi fatti devono essere oggetto di nuova contestazione.

L’immodificabilità non esclude la possibilità che i fatti oggetto di contestazione possano in un secondo momento essere integrati, restando sempre nel perimetro del fatto oggetto di contestazione e sempre che  l’integrazione avvenga prima che il lavoratore presenti le proprie giustificazioni. (Sentenza della Cassazione n. 17245/2016 ).

Una  volta esercitato il potere disciplinare il datore di lavoro non può per i medesimi fatti contestati esercitarlo una seconda volta, salvo la possibilità di tener conto di essi nei due anni successivi ai fini della recidiva.