Il tentativo della conciliazione monocratica è un istituto disciplinato dall’art. 11 del d.lgs.124/04 volto a risolvere le controversie in materia di lavoro tra lavoratore e datore di lavoro con l’ausilio dell’ispettorato del lavoro. L’accordo alla base della conciliazione è “volontario” tra le parti.
Questo strumento si pone come procedura bonaria per trovare una soluzione celere e deflazionare il contenzioso.
A differenza della conciliazione ex art. 410 c.p.c. la conciliazione monocratica non è mai a saldo e stralcio, il rapporto di lavoro in questo caso è riconosciuto dal datore di lavoro.
Oggetto della conciliazione monocratica
La conciliazione monocratica ha ad oggetto soltanto questioni riguardanti diritti patrimoniali, maturati in un dato periodo lavorativo intercorso tra datore di lavoro e lavoratore.
La conciliazione non può avere ad oggetto questioni di rilevanza penale o illeciti amministrativi conclamati ed evidenti.
Tipi di conciliazione
Il legislatore ha previsto due tipi di conciliazione:
- Preventiva: il lavoratore (o il sindacato che lo rappresenta) richiede un intervento ispettivo in azienda a seguito di “denuncia”. In questo caso l’Ispettorato competente territorialmente può effettuare un tentativo di conciliazione tra le parti;
- Contestuale: nel caso sia in corso un’ispezione in azienda. L’ispettore, avendo rilevato delle irregolarità di natura patrimoniale, propone al lavoratore e al datore di lavoro di esperire un tentativo di conciliazione. Se le parti accettano l’ispettore verbalizza il consenso delle parti e programma il tentativo di conciliazione. Il consenso delle parti può anche non essere contestuale. Il datore di lavoro può richiedere il tentativo di conciliazione anche a seguito della ricezione del verbale del primo accesso ispettivo.
Sede della conciliazione monocratica
La conciliazione monocratica avviene presso la sede dell’ispettorato nazione del lavoro territorialmente competente. Il datore di lavoro ed il lavoratore possono presentarsi personalmente o farsi assistere da rappresentati sindacali o da professionisti (es. consulenti del lavoro).
Cosa si può conciliare
La conciliazione deve riguardare diritti patrimoniali del lavoratore (retribuzioni, straordinari, inquadramento non corretto, retribuzione non da ccnl etc.)
L’accordo tra le parti può anche avvenire su dei parametri retribuitivi inferiori a quanto indicato nei minimi contrattuali dei contratti collettivi, in quanto i crediti retributivi vantati dal lavoratore rientrano nei c.d. “diritti disponibili”.
Per quanto riguarda invece i contributi previdenziali ed assicurativi questi, rientrando nella categoria dei c.d.”diritti indisponibili”, dovranno essere versati dal datore di lavoro secondo i minimali di legge. Vanno versati per intero con le eventuali sanzioni applicate.
Gli accordi in sede di conciliazione monocratica (avvenuti in sede c.d. protetta), secondo quanto indicato in materia di rinunce e transazioni (art. 2113 c.c. comma 4), non possono essere oggetto di impugnazione. L’accordo conciliativo, avente oggetto anche diritti disponibili (es. retribuzione), è rimesso alla volontà delle parti, avendo la possibilità il lavoratore di accordarsi su parametri retributivi inferiori rispetto ai minimali indicati nei contratti collettivi.
La conciliazione estingue soltanto i fatti oggetto dell’accordo conciliativo, lasciando inalterate le materie ed i lavoratori oggetto di procedimento ispettivo contestuale o futuro.
Conciliazione andata a buon fine
Nel caso di accordo raggiunto tra le parti nella conciliazione preventiva la controversia è considerata chiusa e non si dà luogo ad eventuale ispezione.
Nel caso di conciliazione contestuale il procedimento ispettivo è estinto.
Per l’estinzione è importante che il datore versi i contributi previdenziali ed assicurativi indicati nella conciliazione, nonché il pagamento delle somme riconosciute al lavoratore.
Le parti in sede conciliativa possono accordarsi anche per un pagamento rateizzato delle somme dovute.
In questo caso il procedimento si ritiene concluso nel momento in cui il lavoratore riceve interamente la somma spettante.
Nel caso non avvenga la conciliazione?
Se le parti non trovano un accordo in sede di conciliazione monocratica bisogna fare una distinzione:
- Nel caso della conciliazione monocratica preventiva: nel caso in cui le parti non trovano un accordo (o nel caso di loro assenza in sede conciliativa) scatta l’accertamento ispettivo in azienda.
- Nel caso della conciliazione monocratica contestuale: chiusa la conciliazione l’azione ispettiva già in corso riprende anche nelle materie oggetto del mancato tentativo conciliativo.
Se il datore di lavoro non versa quanto indicato in sede di accordo conciliativo l’azione ispettiva riprende immediatamente.
L’ispettore è comunque tenuto ad illustrare le parti le conseguenze dell’eventuale mancato accordo e dell’eventuale accertamento ispettivo.
Che valore ha la conciliazione?
A seguito di conciliazione monocratica l’ispettore redige un verbale il quale è dichiarato titolo esecutivo con decreto del giudice competente su istanza della parte interessata. (art.11 c.3 bis d.lgs.124/04).
L’ispettore è tenuto a verificare il corretto adempimento da parte del datore di lavoro rispetto l’accordo raggiunto in sede di conciliazione.
Se il datore adempie interamente il procedimento ispettivo si estingue (nel caso della preventiva non inizia). Nel caso in cui il datore non dia seguito alla conciliazione l’ispettorato procederà con gli accertamenti ispettivi (stessa cosa nel caso in cui le parti non si presentino al tentativo di conciliazione).
Casi particolari
Come indicato dalla circolare 24/2004 del Ministero del lavoro, in presenza di un rapporto di lavoro autonomo come una collaborazione coordinata e continuativa il lavoratore può attivare il tentativo di conciliazione monocratica. In presenza di contratti certificati, invece, non potrà essere attivato il tentativo di conciliazione monocratica ed il lavoratore dovrà procedere obbligatoriamente con un tentativo di conciliazione presso la commissione di certificazione.