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Trasfertista e lavoratore in trasferta alla luce del D.L. 193/2016

Il legislatore con il d.l. 193/2016 (Decreto Fiscale) pone fine alle varie interpretazioni giurisprudenziali nella definizione di lavoratore “trasfertista”.

La confusione nasce sulla distinzione del lavoratore in “trasferta”, il quale svolge la prestazione di lavoro in un luogo “temporaneamente” diverso da quello ordinario, da quello di “trasfertista”, dove la trasferta è “abituale“.

Differenza di non poco conto, tenendo conto il regime impositivo diverso del secondo rispetto al primo.

Con l’art. 7 quinquies del d.l. 193/2016 il legislatore fornisce una interpretazione autentica del c.6 art. 51 D.P.R. 917/1986 (TUIR), indicando tre requisiti che deve possedere il lavoratore per essere definito “trasfertista”.

Tali requisiti devono sussistere contestualmente:

  • Assenza nel contratto o nella lettera di assunzione dell’indicazione della sede di lavoro;
  • Svolgimento dell’attività lavorativa in mobilità;
  • Presenza negli elementi retribuitivi mensili di un’indennità fissa di “trasferta”, la quale deve essere una costante, prescindendo dal reale spostamento o meno del lavoratore nel mese di lavoro.

Come accennato in precedenza, la definizione di “trasfertista” non è di poco conto.

Infatti l’indennità erogata per l’espletamento di attività lavorativa in luoghi sempre variabili, caratteristica tipica del lavoratore “trasfertista” , concorre ad essere imponibile, sia fiscale che previdenziale, per il 50% di essa.