Le novità del ddl Gelli sulla responsabilità medica
Il profilo della responsabilità sanitaria è stato nuovamente rivisitato a seguito della L. n. 24 dell’8 marzo 2017 sia dal punto di vista penale che civile.
Con l’occasione si procederà ad effettuare qualche riflessione in ottica penale.
La predetta legge ha introdotto l’art. 590 – sexies (responsabilità per morte o lesioni personali in ambito sanitario) che recita testualmente:
- Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
- Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
Orbene, ciò che sicuramente è sotto l’occhio di tutti, è la permanenza della sola imperizia come possibile causa di impunità nel caso in cui si siano osservate le linee guida.
Ciò che sparisce, rispetto alla legge Balduzzi, è il profilo della colpa grave.
Facendo, infatti, un piccolo passo indietro, la legge Balduzzi (che aveva già rivoluzionato la responsabilità medica) aveva previsto dal punto di vista penale l’impunità nel caso di colpa lieve tutte le volte che il medico si era attenuto alle c.d. linee guida.
Si profilava, invece, sempre la responsabilità penale negli altri casi di colpa: imprudenza e negligenza.
Questi ultimi profili (negligenza e imprudenza) sono ancora rimasti nella novella legislativa come casi di responsabilità sanitaria.
Ed infatti, il medico che abbia realizzato una attività positiva che non si accompagni nelle speciali circostanze del caso a quelle cautele imposte dall’ordinaria esperienza suggerite per la pratica sanitaria incombe in responsabilità medica per “imprudenza”, mentre invece si ha negligenza tutte le volte che omette di prestare la propria attività o lo faccia in modo disattento o superficiale.
Il caso dell’imperizia, invece, con la Legge Gelli è totalmente scomparso laddove il sanitario abbia operato (anche nel caso in cui ne sia derivata una colpa grave) e si sia attenuto alle buone pratiche (linee guida) dettate dalla comunità scientifica.
Dette linee saranno elaborate da enti ed istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche ed associazioni in pari ambito iscritte in apposito elenco istituito e regolamentato dal decreto del ministro della Salute.
Appare evidente che, con questo nuovo profilo introdotto dalla legge Gelli, sarà ancora più difficile per la persona offesa ottenere giustizia tutte le volte che lo stesso od un suo prossimo congiunto possa subire un danno irreparabile o ancor di più la morte a causa dell’imperizia da parte del medico-sanitario in quanto anche l’applicabilità delle buone pratiche non esclude che una determinata operazione poteva essere compiuta seguendo ulteriori criteri dettati dall’esperienza o dal caso concreto.