Il Tribunale di Pescara con ordinanza del 28 novembre 2014 ha introdotto un importante ed innovativo principio in materia di usura bancaria, estendendo la casistica delle voci di costo da includere nel calcolo del TEG.
L’ordinanza, più precisamente, sostiene che debba essere incluso nel calcolo del TEG anche il costo che il mutuatario si impegna a corrispondere alla banca in caso di risoluzione unilaterale ed anticipata del contratto di finanziamento, con restituzione del capitale residuo.
In genere, può dirsi che, in tutti i casi, occorre stabilire quale possa essere il costo complessivo dell’operazione di finanziamento, anche nella peggiore delle ipotesi possibili (ovvero quella economicamente più svantaggiosa per il mutuatario).
Il legislatore disciplina l’estinzione anticipata, in varie disposizioni del testo unico bancario. In particolare, la normativa specialistica conferisce a tale voce di costo la natura di compenso, ma, a volte, anche di indennizzo (art. 125-sexies 2° comma Testo Unico Bancario)o, altre, quella di penale. Ancora, il legislatore definisce tale voce di costo come un compenso che il mutuatario riconosce all’Istituto di Credito, a fronte del diritto ad esercitare il recesso anticipato dal contratto, con rimborso del capitale residuo (art. 40 1° comma TUB).
La giurisprudenza non è riuscita a superare tale impasse, emettendo pronunce contrastanti le une con le altre.
Per quanto concerne l’odierno argomento, la citata ordinanza del Tribunale di Pescara stabilisce che “… in termini elastici la mora e la penale per estinzione anticipata possono essere tra loro accumunate, in quanto entrambe rappresentano un costo del mutuo erogato”.
Riguardo la natura giuridica, il Tribunale di Pescara ha preso posizione definendo la somma versata a titolo di estinzione anticipata quale penale ed accumunandola agli interessi di mora che, com’è noto, la giurisprudenza ha già da tempo pacificamente equiparato a clausole penali.
Chi scrive non condivide tale conclusione, ma ne prenderne atto.
Tuttavia, la tesi sostenuta dal Tribunale di Pescara, condivisa da una nutrita e recente giurisprudenza, non è univoca.
Alcune pronunce giurisprudenziali hanno conferito a tale voce di costo una natura giuridica completamente differente: essa costituirebbe una multa penitenziale ex art. 1373 c.c., ovvero la remunerazione che il mutuatario si impegna a riconoscere a favore dell’istituto di credito per l’esercizio del diritto di recesso.
Tornando all’ordinanza del Giudice abbruzzese, questi conclude che per un’indagine sull’usurarietà del rapporto creditizio dovrà analizzarsi il costo complessivo, anche solo potenziale, dello stesso finanziamento. Così che il contratto di finanziamento sottoposto dalla banca non potrà prevedere modalità di esecuzione del contratto che determinino un costo oltre soglia per il mutuatario.
In tal caso, le conseguenze sarebbero sia l’applicazione dell’art. 1815 2° comma c.c. sia l’integrazione dell’elemento oggettivo del reato di usura di cui all’art. 644 c.p..