L’espressione “usura bancaria” va di moda in questi anni per una serie di interventi giurisprudenziali che hanno attirato l’attenzione delle associazioni dei consumatori e non solo.
Spesso, si pensa male di banche ed istituti finanziari: non sempre è vero, ma far fare una verifica ai propri rapporti creditizi (soprattutto ai mutui, prestiti e fidi bancari) ad un soggetto qualificato a riscontrare casi di anatocismo o usura bancaria, è un’opportunità da non sottovalutare.
Partiamo da un assunto frequente: da quando è entrata in vigore la legge n. 108 del 1996 (che ha istituito i c.d. tassi soglia, aldilà dei quali un rapporto bancario si presume usuraio), gli istituti finanziari si sono spesso spinti fino al limite consentito per concordare col cliente il “prezzo” del credito concesso.
Spingersi fino al limite, senza oltrepassarlo, è legittimo; cosa accade, però, se ci si distrae?
E’ ciò che spesso è accaduto.
Soprattutto, banche ed istituti finanziari si sono distratti nell’interpretazione dell’art. 644 c.p. col quale si statuisce: “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito”
Una norma estremamente chiara che, anche a causa di indebiti interventi della Banca d’Italia, ha condotto le Banche ad escludere, ad esempio, le spese di assicurazione legate al rapporto creditizio dal computo del tasso concreto applicato ai contratti. Con la conseguenza che per questi ultimi, spesso, si è accertato lo sconfinamento del tasso soglia, invalidando i medesimi rapporti.
Mediaticamente, ha avuto risalto la notizia per la quale, progressivamente, la Giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto corposi risarcimenti ai clienti di banche ed istituti finanziari,i quali avessero concluso contratti bancari viziati da tassi usurari nella misura in cui questi ricomprendevano nel computo anche i c.d. interessi moratori (si leggano: sent. Cass. sez. 1ª civ. n.5286/2000; cfr. C.Cass. sez. Iª civ. n.14899/2000; Corte Cost. sentenza n.29/2002; Cass. sez. 1ª civ. sent.n. 350/2013)
La sent. n. 350 del 2013 è la più importante, poiché dichiara l’illegittimità dei tassi applicati a un rapporto creditizio, qualora questi, “sommati” agli interessi moratori, cagionino il superamento del tasso soglia.
La sentenza sembra scontata, letto quanto disposto all’art. 644 c.p. ma il dibattito in dottrina e Giurisprudenza è molto serrato.
Uno degli aspetti a cui prestare la massima attenzione è il concetto stesso di “somma” che, in realtà, dovrebbe consistere in un calcolo matematicamente accurato che quantifichi con precisione il “prezzo” del credito offerto.
D’altro canto, le banche insistono sulla tesi per la quale gli interessi moratori rappresentino un quantum eventuale e, comunque, dovuto a titolo di risarcimento del danno da mancata soddisfazione del credito.
Sta di fatto che la Cassazione sembra orientata in senso favorevole alla clientela.
In questo momento storico, la Corte di Cassazione ha adottato un orientamento particolarmente favorevole nei confronti delle imprese (contratti di fido bancario). Queste ultime dovrebbero muoversi con maggior interesse.
Mutui, prestiti e fidi tra usura ed interessi moratori
L’espressione “usura bancaria” va di moda in questi anni per una serie di interventi giurisprudenziali che hanno attirato l’attenzione delle associazioni dei consumatori e non solo. Spesso, si pensa male di banche ed istituti finanziari: non sempre è vero, ma far fare una verifica ai propri rapporti creditizi (soprattutto ai mutui, prestiti e fidi bancari) ad un soggetto qualificato a riscontrare casi di anatocismo o usura bancaria, è un’opportunità da non sottovalutare.
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