Il distacco dal riscaldamento condominiale

Il distacco del singolo condomino dal riscaldamento che serve l’intero condominio, vuoi per l’aumento del costo della vita, vuoi per il costo dei combustibili, in tanti casi, è diventato un ossessione per chi cerca di risparmiare sul quotidiano e con esso le relative fatture da saldare. Purtroppo, però tale distacco è spesso complicato e trova l’opposizione dei condomini più tradizionalisti. Ma non sempre le difficoltà sono insuperabili. Vediamo perché.

canna fumariaIl distacco dal sistema di riscaldamento condominiale, da parte del singolo condomino, si deve affrontare con attenzione alle norme sull’utilizzo degli spazi e dei beni di uso comune dello stabile, nonché agli effettivi vantaggi economici che questo comporterebbe.

Tale operazione è giuridicamente qualificata quale rinuncia del condomino su di un bene comune: il riscaldamento condominiale.

La prima fonte da consultare per appurare eventuali condizioni o modalità del distacco è sempre il regolamento di condominio. Tale fonte è primaria.

Qualora questo nulla preveda, è necessario appurare tecnicamente le conseguenze che l’opera causerebbe nei confronti di ogni condomino. In particolare la giurisprudenza è orientata a tutelare ogni condomino utente del bene riscaldamento che, oppostosi al distacco del singolo, possa risentire di pregiudizi rappresentati da un aggravio di spese o da un danno alla funzionalità dell’impianto o, infine, da uno squilibrio termico dell’intero edificio tali da pregiudicare la regolare erogazione del servizio.

Queste condizioni esposte sembrano, secondo l’interpretazione della giurisprudenza prevalente, potersi superare soltanto dietro il consenso unanime di ognuno dei “partecipi alla comunione”, ossia tutti i condomini.

Dal punto di vista economico, il condomino che chiede il distacco sarà comunque tenuto a contribuire alle spese per la conservazione del bene di uso comune al quale ha rinunciato, ex art. 1118 comma 2° c.c. : il chiaro riferimento è alle spese di manutenzione che la caldaia comporti. Tra tali spese, naturalmente, non rientra il combustibile.

Ma è su questo punto che il caso si fa controverso: è il costo del combustibile la principale fonte di aggravio di spese per i restanti condomini che potrebbero negare l’autorizzazione al distacco ed entrambe le condizioni osterebbero al distacco stesso. Necessiterebbe nel qual caso un accordo economico che accontentasse le parti. Ma con quale reale vantaggio economico per chi chiede il distacco?

Una soluzione più semplice, di fronte l’avversione dei condomini ad un distacco, sarebbe quella di proporre ex l. n. 10/1990 di rinnovare l’impianto di riscaldamento mirando necessariamente al risparmio energetico.

In tal senso, la giurisprudenza ha riconosciuto, riportandosi alla citata legge, la legittimità della decisione deliberata dalla maggioraranza di un’Assemblea condominiale regolarmente costituita che abbia previsto la dismissione del vecchio impianto di riscaldamento, privo di termoregolatore (oggi previsto ex lege per ogni appartamento in ogni nuovo condominio dotato di riscaldamento centralizzato), in luogo della sostituzione di esso con impianti autonomi rispondenti alle caratteristiche di legge.

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