Riepiloghiamo, alla luce delle modifiche apportate dalla l.78/2014, la disciplina che si applica al contratto a termine. Evidenziamo i punti salienti
Il contratto a termine diventa “acasuale”. Non è più essenziale la sussistenza di specifiche ragioni di ordine tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che lo caratterizzavano.
“L’acasualità” introdotta dalla l.92/2012 (legge Fornero) valida solo per i primi 12 mesi, adesso viene estesa alla durata massima del contratto a termine (sino a 36 mesi);
La possibilità di proroga per 5 volte all’interno della durata massima del contratto a termine (rimane ferma la disciplina dei rinnovi, sempre tenendo conto del limite massimo di durata del contratto a termine che rimane di 36 mesi);
Introdotto il limite all’utilizzo dei rapporti a termine, individuato nel tetto massimo del 20% rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° Gennaio dell’anno di riferimento (salva diversa soglia individuata dai contratti collettivi applicati)
C’è da aggiungere che suddetto limite non trova applicazione in alcuni casi indicati dal legislatore:
– le attività stagionali ex art. 5 c.4 ter d lgs.368/2001)
– fasi di avvio nuova attività (individuate dai ccnl)
– contratti sottoscritti per ragioni sostitutive
– per spettacoli televisivi o radiofonici
– contratti sottoscritti con lavoratori di età superiore a 55 anni
– contratti sottoscritti nel settore della ricerca, che abbiano ad oggetto esclusivo lo svolgimento di attività di ricerca scientifica, i quali possono avere durata pari al progetto di ricerca al quale si riferiscono.
Nel caso di superamento della soglia del 20% il legislatore ha previsto delle sanzioni di carattere amministrativo, le quali posso variare dal 20% della retribuzione mensile nel caso in cui lo sforamento riguardi un solo lavoratore, al 50% se sono più lavoratori.
Nel caso in cui il numero di lavoratori in forza sia pari a 5 il datore di lavoro può stipulare un solo contratto a termine
Rimane ferma la disciplina del c.d. “stop and go” , cioè l’intervallo di 10 o 20 gg tra la cessazione di un contratto a termine e la stipula di uno nuovo, nel caso in cui questo abbia durata inferiore o superiore a 6 mesi ( salvo diverso intervallo individuato dai ccnl)
Sempre applicabile la c.d. “proroga di fatto”, cioè la possibilità, alla scadenza del contratto a termine, di continuare il rapporto per un periodo massimo di 30 o 50 gg (a secondo se il contratto sia inferiore o superiore a 6 mesi) riconoscendo al lavoratore una maggiorazione retributiva
Rimane sempre ferma la sanzione che al superamento dei 36 mesi il contratto a tempo determinato si converte in indeterminato.
Rafforzato il diritto di precedenza per le lavoratrici in congedo di maternità, le quali potranno computare nei 6 mesi di durata del rapporto di lavoro a termine (utili per maturare tale diritto), anche il periodo di astensione obbligatoria per maternità. Ricordiamo che questo diritto si può esercitare nelle assunzioni, sia a tempo indeterminato che determinato, poste dal datore di lavoro nei 12 mesi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro.
Inoltre il datore di lavoro è tenuto ad informare, di tale diritto di precedenza, il lavoratore, mediante comunicazione all’atto dell’assunzione.