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Le azioni Usa crescono sull’onda delle trimestrali

E alla fine la realtà sembra aver prevalso sulle parole, almeno per il momento. Nonostante i venti di guerra commerciale che soffiano tra le due sponde del Pacifico (con la relativa volatilità che essi hanno portato sui mercati in un agosto tutt’altro che sonnolento), le performance dell’azionario sono state tutto sommato positive nell’ultimo mese. A supportarle sono stati principalmente gli annunci dei risultati economici trimestrali delle società che per il secondo trimestre consecutivo hanno continuato a sorprendere. Se consideriamo i risultati pubblicati fino a venerdì scorso (3 agosto), il profitto delle aziende quotate è cresciuto nel complesso del 23,5%, si tratta di un risultato vicino alla crescita già elevatissima raggiunta nel primo trimestre.

Reazioni sul prezzo delle azioni

Tuttavia, se si considera nel complesso il risultato, la reazione di prezzo è stata abbastanza timida. Questo vale anche per le società che hanno riportato i risultati migliori (un po’ come era già successo nel primo trimestre).

Come si evince dal grafico (sotto), gli investitori hanno reagito alle trimestrali in modo relativamente indipendente rispetto al livello di sorpresa riportato in esse. I mercati non sembrano aver premiato con consistenza i settori che hanno presentato risultati migliori delle aspettative, e se guardiamo anche ad altre geografie e ad altri indicatori, come la sorpresa a livello di ricavi o alla crescita, notiamo lo stesso tipo di relazione.

A nostro avviso questo non significa che i mercati stiano ignorando i buoni risultati economici. Anzi. Allargando la visione a orizzonti un po’ più lunghi, si osserva che da inizio anno, a sostenere i corsi azionari sono stati proprio gli utili e le conseguenti earnings revision costantemente riviste al rialzo. Le valutazioni espresse come rapporto del prezzo sugli utili sono calate (il Price/Earning), riflettendo una sensibilità dei mercati rispetto ai numerosi orizzonti di criticità. Non è un caso che nelle aree geografiche dove la revisione al rialzo degli utili non si è verificata, come Europa e Paesi Emergenti, i corsi azionari abbiano sofferto.

Il grafico (sopra) mostra l’andamento del prezzo azionario dell’S&P 500 da inizio anno (+5.7%). La rincorsa si è verificata nonostante un calo delle valutazioni espresse come rapporto tra prezzo e utili (linea rosa, -4%): questo vuol dire che l’aumento dei prezzi azionari è stato principalmente determinato dall’aumento degli utili (linea blu, +10%). Si tratta della prima volta dal 2012 in cui a guidare il rendimento delle azioni americane siano stati gli utili a fronte di un trend negativo dei multipli.

A nostro avviso gli utili continuano a quindi contare, eccome; certo la dinamica della sorpresa positiva ha perso un po’ la capacità di muovere le azioni nel breve periodo, tuttavia impatta positivamente sulle stime, che impattano positivamente sui prezzi nel medio periodo.

Tornando alla stagione attuale, provando a non rimanere abbagliati dal luccichio del numero sensazionale, all’interno del cesto si pesca qualche frutto acerbo, vittima degli ormai arcinoti rischi di stagione. Ha fatto discutere il caso di Us Steel, il primo produttore americano di acciaio, che ha visto il proprio titolo crollare nonostante utili e ricavi sopra le aspettative (a pesare probabilmente un outlook tiepido per la seconda metà dell’anno). Così Facebook che ha visto scendere il valore della propria azione di quasi il 20% nonostante una crescita dei ricavi anno su anno superiore al 30% (causa alcuni commenti del management e un numero di utenti attivi in calo). In generale, le aziende che non hanno saputo tenere testa alle aspettative hanno pagato molto. Questi casi ci ricordano che ci troviamo in un contesto di allerta, con molti operatori nel dubbio, con il dito appoggiato sul pulsante delle vendite, o che comunque provano in modo selettivo a prendere profitto dove possibile (cinque riflessioni sul settore Tech).

Di certo tutti sanno che questa situazione non è destinata a durare per sempre e i più pessimisti vedono nel momento estremamente positivo per le aziende a stelle e strisce l’ultimo banchetto prima della inevitabile correzione che potrebbe arrivare già in autunno, magari scatenata da un escalation del confronto commerciale tra Cina ed Europa, magari da un acuirsi delle tensioni nell’Eurozona.

Prospettive future

Fermo restando, quindi, un quadro che rimane fortemente incerto, bisogna notare che il ciclo macro e il ciclo delle policy sembrano ancora offrire un sostegno alla performance dell’azionario che resta in linea con le prospettive di inizio anno. Lo scenario non sembra avallare visioni eccessivamente catastrofiste. La riforma fiscale di Trump ha messo le ali alla crescita Usa, ravvivando la dinamica dei salari. L’aumentare degli scambi a livello globale, a cui abbiamo assistito negli ultimi 24 mesi, sembra allontanare nel futuro gli eventuali effetti economici negativi (peraltro affatto certi) delle tensioni commerciali. La dinamica inflazionistica, pur decisamente in accelerazione, garantisce ancora respiro, addolcendo soprattutto in Europa le tempistiche del rialzo dei tassi, il vero pendolo che incombe sul destino dell’azionario americano.

Tuttavia non mancano i fronti di rischio: nonostante il rallentamento della dinamica dei salari (comunque positiva) abbia scongiurato il rischio di un’impennata improvvisa dei prezzi almeno nel brevissimo periodo, gli effetti delle politiche ultra-espansive messe in campo dall’amministrazione Trump potrebbero finire per condizionare la visione della Fed costringendo la banca centrale a un rialzo dei tassi più repentino. Inoltre gli attori politici, soprattutto in Europa, stanno facendo di tutto per aggiungere incertezza a incertezza. Ci troviamo in un momento di transizione economica e molti dei nodi più critici non sembrano essere ancora venuti al pettine. In attesa che torni settembre, però, le notizie che arrivano dagli Usa hanno, almeno nel breve periodo, l’effetto di una ventata fresca per tutti gli investitori e aiutano a guardare l’orizzonte, che rimane comunque pieno di incognite, con più fiducia.

Fonte Moneyfarm