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Banca d’italia, fondi in Italia troppo cari e manca indipendenza

banca d'italia e la mancanza di indipendenza dei fondi italiani

La Banca d’Italia torna a concentrarsi sui fondi italiani. Non è di certo la prima volta che l’istituzione sottolinea le inefficienze del sistema del risparmio italiano, ma raramente lo ha fatto con puntualizzazioni così nette e circostanziate. “A fronte della tendenziale diminuzione delle commissioni di gestione a livello globale, negli ultimi dieci anni i costi dei fondi comuni italiani sono risultati in aumento sia per via della crescente applicazione di commissioni di entrata/uscita sia per l’introduzione delle commissioni di collocamento nei fondi a scadenza” ha sostenuto Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento di vigilanza bancaria e finanziaria, intervenendo a una conferenza sul tema a Milano.

A trainare il costo dei fondi italiani, in controtendenza con ciò che avviene a livello mondiale, sono secondo l’istituto di Palazzo Koch le commissioni di entrate e uscita e quelle di collocamento. Interessante notare come si tratti di voci di costo slegate da motivazioni inerenti alla gestione, ma si tratta al contrario di commissioni che vanno a remunerare la struttura di vendita. Le commissioni di collocamento sono anche particolarmente difficili da individuare per l’investitore oltre che gravose, come avemmo modo di sottolineare nella nostra indagine sui fondi a scadenza.

“Il costo dei prodotti caricato ai clienti – continua Barbagallo – incorpora sia il compenso della gestione finanziaria sia la remunerazione della rete di vendita: l’assistenza alla clientela nelle scelte di allocazione della ricchezza è prevalentemente fornita (e remunerata) all’interno dell’attività di vendita”. Ancora una volta Barbagallo sottolinea come nel mercato italiano esista una confusione fondamentale tra consulenza e collocamento dei prodotti. La distribuzione, insomma, resta il cardine dell’industria del risparmio gestito. Nel 2016 le SGR hanno retrocesso alle reti di collocamento circa il 70% delle commissioni attive percepite sui fondi italiani, percentuale sostanzialmente in linea con quella del 2006. Si tratta di un aggravio enorme sui risparmiatori che non agevola la protezione del risparmio nel lungo periodo.

La consulenza indipendente resta dunque purtroppo una soluzione marginale anche a causa di una resistenza nell’utilizzo dei nuovi canali di distribuzione che fanno a meno dell’intermediazione del collocatore. Si pensi per esempio alla distribuzione diretta tramite piattaforma. “Nessuno dei maggiori gestori – ha spiegato infatti Barbagallo – ha inserito i propri prodotti nella piattaforma di Borsa italiana. È verosimilmente prevalsa la preoccupazione che l’apertura di un canale di collocamento diretto, in concorrenza con le proprie reti distributive, potesse compromettere gli sforzi di fidelizzazione della clientela”. Eppure “la crescente familiarità degli investitori verso l’utilizzo degli strumenti digitali nei pagamenti e nelle transazioni finanziarie – ha proseguito Barbagallo – può creare le condizioni per il lancio, nel nostro paese come nel resto d’Europa, di modelli di collocamento che si sono affermati da tempo negli Stati Uniti e che vedono l’utilizzo esclusivo del canale online da parte di grandi asset manager per collocare le quote dei fondi gestiti e per offrire servizi di consulenza personalizzata ai risparmiatori”.

Insomma, Bankitalia sposa con decisione quella che è da sempre la filosofia Moneyfarm: indipendenza e utilizzo di canali di distribuzione più efficienti di quelli tradizionali. Ciò non solo serve a garantire trasparenza e ad allontanare il conflitto di interessi, ma è la via maestra per avere anche in Italia commissioni sui fondi in linea con quelle che si trovano nel resto d’Europa.

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